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martedì 7 giugno 2011

Vino si, vino no. Cosa fare?

Riporto integralmente l'articolo apparso su http://www.modusonline.it/9/conoscere_continua.asp
L'evidenziazione del testo con vario colore di fondo è mia.




In vino salus
A dosi moderate il vino fa bene al cuore e aiuta alcuni pazienti diabetici. Detto in altro modo: non bere fa male al cuore.


"E mi raccomando, eh! Beva! Un bicchiere di vino rosso, meglio due, a ogni pasto". Probabilmente, in futuro, raccomandazioni di questo genere saranno rivolte dai medici a tutta la popolazione a rischio cardiovascolare, vale a dire praticamente a tutti. Non è un paradosso né una battuta.
"Negli ultimi dieci anni è stata raccolta un'impressionante mole di documentazione che ha stabilito senza ombra di dubbio che l'alcool in generale e il vino rosso in particolare, bevuti in quantità moderate, hanno una serie di effetti che si traducono in un minor rischio cardiovascolare. Detto in parole povere: meno infarti, meno ischemie e meno ictus", afferma Domenico Fedele, docente di Malattie del Metabolismo all'Università di Padova; "più recente è la scoperta di un effetto protettivo nei confronti dell'insulinoresistenza che caratterizza le forme iniziali del diabete".


Curva a U
Attenzione, però: questi effetti sono validi solo se l'alcool è assunto in quantità moderata. "Per quanto possa sembrare strano, chi non beve alcool rischia più di chi beve poco", continua Fedele "e questo vale per il cuore e perfino per i tumori. In compenso è stato confermato il fatto che chi beve troppo rischia davvero molto".
Cosa significa "poco" e "troppo"? Anche su questo esiste ormai un consenso. Se disegniamo su un grafico il consumo giornaliero ideale e la mortalità per infarti o per tumori, perfino per la cirrosi, otteniamo una curva a U. I valori sono più alti all'inizio per i non bevitori e alla fine per i bevitori forti: "L'intervallo ideale sembra essere tra i 15-20 e i 30 grammi di alcool al giorno", spiega Fedele, Responsabile dell'Unità Operativa di Diabetologia, Dietetica e Nutrizione clinica dell'Ospedale geriatrico di Padova. Per capire cosa significa bisogna fare alcuni calcoli.
In linea di massima un bicchiere di vino corrisponde a 10 grammi di alcool, tanto quanto una lattina di birra, ma in un bicchierino di grappa ce ne sono 20. E nei superalcolici, come il gin o la vodka, una volta e mezzo di più.
Fedele ama il vino (ha perfino un diploma di sommelier), ma è molto chiaro nel ricordare che quanto detto vale per gli alcolici bevuti a pasto. "Fuori pasto possono scompensare la glicemia in maniera seria, soprattutto, ma non solo, per chi è in terapia insulinica", afferma, sottolineando poi che "esistono chiaramente situazioni nelle quali l'assunzione di alcool va assolutamente proibita: tutte le malattie del fegato, per esempio, così come molte malattie gastroenteriche o disturbi psichici".


Paradosso francese
La scoperta degli effetti protettivi dell'alcool in generale e del vino rosso in particolare è nata dalla constatazione che la mortalità per infarti e ictus in Francia e Italia è inferiore a quella registrabile nei paesi anglosassoni. "Con un lavoro da detective sono state identificate tutte le possibili ragioni di questi dati ed è emerso che l'unica differenza tra gli "immortali" francesi e i loro equivalenti inglesi era la maggiore propensione dei primi a bere vino rosso, precisamente Bordeaux".
A quel punto sono state avviate delle ricerche per scoprire quale delle tante sostanze presenti nel vino "faccia bene al cuore". I vincitori sono stati l'alcool da una parte e alcuni polifenoli dall'altra



Questione di buccia
In pratica alcuni effetti sono indotti dall'alcool e sono quindi indipendenti dalla bevanda; altri invece sono specifici del vino e in questo caso sappiamo perché: dobbiamo ringraziare i polifenoli, in particolare il resvertarolo e la quercitina. Si tratta di sostanze antiossidanti che, soprattutto quando sono combinate ad altre sostanze contenute nella frutta e nella verdura, svolgono un'azione altamente protettiva per il cuore. Il resvertarolo è una sostanza attraverso la quale la pianta si difende da alcune malattie e la sua concentrazione è tanto minore quanto più l'uva è matura. Come tutti i polifenoli il resvetarolo si trova per la maggior parte nelle bucce, nei raspi e nei vinaccioli. È da qui che si può intuire il motivo per cui è il vino rosso a essere più ricco di sostanze benefiche per la salute. Le tecniche di vinificazione dei vini rossi prevedono, infatti, una fermentazione del mosto a contatto con le bucce. Al contrario, nei vini bianchi (molti prodotti anche da uve a bacca nera) le uve vengono pressate, diraspate e separate da bucce e raspi.
Un altro "plus" riscontrabile più frequentemente nei vini rossi è l'invecchiamento in legno, tecnica che viene utilizzata più di rado nelle tecniche enologiche dei vini bianchi: a giovarsi dell'affinamento in botte è la quercitina. Va inoltre ricordato che esistono differenze tra le diverse varietà di vitigni. Le uve che hanno maggior contenuto di polifenoli sono quelle utilizzate come base per i più grandi vini da invecchiamento che, non è un caso, proprio grazie a questa ricchezza, sono vini più longevi, capaci di resistere nel tempo e di evolversi al meglio nelle proprie caratteristiche organolettiche.

Effetti positivi
Il resvertarolo, che era noto anche alla medicina tradizionale cinese, riduce la colesterolemia e aumenta il colesterolo "buono" HDL, mentre la quercitina ha un'azione antiaggregante. Anche l'alcool ha un'azione antiaggregante, "ma evidentemente non basta, altrimenti non si spiegherebbe come i popoli bevitori di birra siano più a rischio di quelli bevitori di vino", nota Fedele.
"Resvertarolo e quercitina hanno un effetto antiossidante, riducono cioè la presenza di radicali liberi nelle arterie, e questa azione si dispiega soprattutto durante la digestione e soprattutto se combinata con una alimentazione ricca di verdure e frutta".
"Un fronte recente è lo studio degli effetti dell'alcool in generale e del vino rosso in particolare nel diabete", racconta Fedele; "è certo che l'alcool possa migliorare la sensibilità dei tessuti all'insulina, riducendo l'insulino-resistenza e si stanno valutando possibili effetti protettivi sulle betacellule". Su queste ultime però è certo che l'alcool a dosi non moderate ha chiari effetti tossici.
C'è poi da aprire il capitolo cancro. La prestigiosa rivista Science, commentando l'azione antimutagena del resvertarolo, lo ha definito un agente chemioprotettivo che rappresenta da solo una strada nuova nella ricerca sulla prevenzione del cancro.

Qualche precauzione
Esistono però anche alcune controindicazioni. A digiuno l'alcool inibisce temporaneamente la produzione degli zuccheri da parte del fegato, dunque chi usa insulina farà meglio a non bere fuori pasto. L'alcool va inoltre assolutamente evitato se al diabete si aggiungono malattie al fegato, allo stomaco, all'intestino o disturbi psichici.
"L'alcool è un nutriente", ricorda infine Fedele, ogni grammo equivale a sette calorie, una bottiglia a un pasto leggero. "Chi beve un bicchiere di vino deve rinunciare a una porzione di carboidrati, chi indulge a un grappino deve sacrificare qualcosa di più. Altrimenti, ciò che si guadagna bevendo lo si perde ingrassando". Ma se il vino è buono...ne vale la pena. Parola di diabetologo e di sommelier.

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