Riporto integralmente l'articolo apparso su http://www.modusonline.it/35/sapere.asp
La conta dei carboidrati passo passo Richiede un poco di impegno all’inizio ma presto diviene automatico e regala autonomia e libertà permettendo di affrontare ogni pasto o bevanda senza aumentare troppo la glicemia.All’inizio lo si proponeva solo, o soprattutto, alle persone in terapia con microinfusore. «Ora il calcolo dei carboidrati è considerato importante, se non necessario, per tutte le persone che utilizzano insulina», esordisce Vincenzo Nicastro, diabetologo dell’Unità Operativa universitaria di Endocrinologia, Malattie del metabolismo e Diabetologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria Ospedali Riuniti di Foggia, «indipendentemente dalla modalità di erogazione». Il conteggio dei carboidrati, o ‘Cho counting’ in inglese, è una tecnica che permette di stabilire con una certa precisione quanti carboidrati sono presenti negli alimenti che si stanno per assumere «e quindi valutare la dose di insulina necessaria per ‘coprirli’ senza innalzare troppo la glicemia postprandiale», spiega Ivana Rabbone, pediatra diabetologa nel Centro di riferimento regionale di Diabetologia pediatrica del Piemonte.
Il calcolo dei carboidrati è un metodo che permette di adeguare la terapia insulinica alla quantità di carboidrati assunti nel pasto. Il processo di apprendimento prevede diverse fasi: la prima consiste nel sapere quali alimenti contengono carboidrati; «le proteine e i grassi infatti, pur contenendo calorie, non contribuiscono a innalzare la glicemia in modo significativo, soprattutto nelle prime due ore dopo il pasto», ricorda Elisa Del Forno, dietista presso i quattro ambulatori di diabetologia distrettuali di Trieste, «è noto, almeno alle persone con diabete, che tutti i derivati delle farine e dei cereali sono ricchi di carboidrati (pasta, riso, gnocchi, pane, prodotti da forno, patate e polenta), ma spesso le persone che iniziano ad apprendere il ‘conteggio dei carboidrati’ non sanno che anche i legumi hanno un buon contenuto di carboidrati, così come il latte e lo yogurt alla frutta, mentre i formaggi no perché la stagionatura provoca il degrado degli zuccheri». Una delle difficoltà nell’insegnare questa fase del conteggio, «è la confusione che istintivamente si fa fra calorie e carboidrati. Gli alimenti ricchi di proteine e grassi, come le uova, le noci o le creme, non contengono carboidrati ma hanno molte calorie, insomma fanno ingrassare ma non influenzano la glicemia postprandiale, se assunti nelle giuste quantità. Viceversa, i corn flakes che consideriamo ‘salutari’, lo sono ma hanno un altissimo tenore di zuccheri», nota la Del Forno che collabora strettamente con l’Associazione diabetici di Trieste. Alcol: un consumo misurato. Un discorso a parte va fatto per le bevande. «Le bevande al gusto di frutta o alla frutta, e in generale i non alcolici, hanno tutte un’altissima quota di zuccheri aggiunti», elenca Elisa Del Forno, «più complessa la situazione per gli alcolici: un bicchiere di vino a pasto non influenza la glicemia; fuori pasto invece gli alcolici inducono il fegato a ridurre la fornitura ‘basale’ di glucosio all’organismo e possono provocare ipoglicemia. La birra ha un 3,5% di carboidrati: non è una percentuale alta, ma un bel boccale da 400 cl, come usa dalle nostre parti, può richiedere da solo un paio di unità di insulina». Quando parla con dei giovani Elisa Del Forno si sofferma sui superalcolici, «sottolineiamo che è pericoloso eccedere con l’alcol ma sappiamo anche che il proibizionismo serve a poco. Spiego quindi con chiarezza come i cocktail alla frutta, come piña colada, o a base di coca cola, possono innalzare la glicemia, mentre quelli ‘secchi’ che contengono prevalentemente gin, vodka, o per esempio la caipirinha e perfino il mojito, la possono abbassare». Gli alimenti complessi. All’inizio è importante imparare quali alimenti contengono carboidrati: si impara a leggere le etichette alimentari e si usano le tabelle nutrizionali che riportano la percentuale di carboidrati nei principali cibi. In alcuni casi può essere una valutazione complessa perché è necessario conoscere i vari ingredienti del piatto che ci troviamo di fronte. «il caso tipico sono le lasagne, dove troviamo pasta ma anche ragù e besciamella che non influenzano la glicemia, oppure le minestre che sono composte di acqua ma anche di orzo, patate e legumi e possono arrivare ad avere il 40-50% di carboidrati», spiega la Del Forno, «ci sono anche degli alimenti trabocchetto come le crespelle, i ravioli e i secondi impanati. Se una fetta di carne non ha carboidrati, la stessa fetta impanata ne ha una quota non trascurabile, non parliamo poi dei bastoncini di pesce surgelati, nei quali l’impanatura rappresenta una quota significativa del peso».
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